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Smart working e home working sono davvero la stessa cosa?

24 Aprile 2020

Smart working e home working sono davvero la stessa cosa?

Lavorare da casa ai tempi del Coronavirus: è davvero smart working?

In seguito all’emergenza Coronavirus si è iniziato a parlare sempre più spesso di smart working, un termine che dovrebbe indicare il lavoro eseguito nell’ambiente domestico, nella propria abitazione. Ma è proprio così?

Nell’immaginario collettivo smart working e home working sono esattamente la medesima cosa, espressioni tra loro sinonimi di una realtà che in molti stiamo vivendo, compreso l’Architetto a Monza Gabetta.

Tra un progetto e l’altro, l’Architetto Daniele Gabetta si è tenuto come sempre informato sulle ultime notizie e, costretto anche lui a lavorare da casa come tutto il suo team, ha constatato quante volte si parli di smart working, ma, alla fine, si intende home working. Certo il primo termine è più diffuso, più moderno, più smart, ma è bene sapere sempre di cosa si sta parlando e non confondere tra loro due termini.

Quali sono quindi le differenze tra smart working e home working? Prima di addentrarci in questa differenza è bene soffermarci un momento su un’importante riflessione, ovvero sulla grande differenza tra lo smart working anglosassone e quello reputato tale in Italia.

Smart working: le differenze tra inglese e italiano

La prima cosa da dire è che il termine inglese smart working non indica quello che tutti noi ci aspettiamo. Gli inglesi per identificare il lavoro eseguito nelle proprie abitazioni utilizzano ben altri termini come working from home (WFH) oppure remote working. Basta consultare qualsiasi testata giornalistica anglosassone per rendersene conto.

In Italia, invece, siamo assolutamente convinti che se parlassimo a un londinese di smart working ci riferiremmo alla medesima cosa. Purtroppo no.

In inglese quando si parla di smart working si fa riferimento a una particolare modalità di lavoro flessibile caratterizzato da processi, tecnologie e strumenti che lo rendono più funzionale, più intelligente: da qui il termine smart. Non si fa alcun riferimento al luogo in cui si porta avanti tale lavoro, ma solo alle tecnologie utilizzate per renderlo migliore.

In Italia quando si parla di smart working si fa invece riferimento al lavoro agile, ovvero un lavoro subordinato che però è flessibile nei tempi e nei luoghi.

L’Architetto a Monza Gabetta è comunque conscio che, nella nostra società, il termine smart working è ormai ampiamente diffuso e che, seppur erroneamente, abbiamo ormai fatta nostra un’espressione anglosassone conferendole, però, un significato completamente diverso.

Lo smart working italiano

Abbiamo analizzato cosa intende un lavoratore della City per smart working, ma per noi italiani cosa significa?

Poco fa abbiamo detto che per noi tutti lo smart working è equiparato alla modalità di lavoro agile, cioè un lavoratore dipendente che decide dove e quando lavorare. Quando si parla di lavoro agile si fa riferimento alla Legge n. 81/2017 che declina tale concetto come segue:

Le disposizioni del presente capo, allo scopo di incrementare la competitività e agevolare la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, promuovono il lavoro agile quale modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato stabilita mediante accordo tra le parti, anche con forme di organizzazione per fasi, cicli e obiettivi e senza precisi vincoli di orario o di luogo di lavoro, con il possibile utilizzo di strumenti tecnologici per lo svolgimento dell'attività lavorativa. La prestazione lavorativa viene eseguita, in parte all'interno di locali aziendali e in parte all'esterno senza una postazione fissa, entro i soli limiti di durata massima dell'orario di lavoro giornaliero e derivanti dalla legge e dalla contrattazione collettiva.

Nello smart working italiano, o lavoro agile, è quindi il lavoratore che, in completa autonomia, decide i tempi e i luoghi di lavoro senza essere vincolato ad una postazione fissa.

In questo caso, quindi, il lavoratore potrebbe decidere di portare a termine i propri compiti in casa, in una camera d’albergo, nella sua seconda casa, in un luogo pubblico e  quando è in villeggiatura con la famiglia. Nello smart working non esiste il vincolo a un luogo fisico deputato all’attività lavorativa.

Considerando questi fattori, possiamo considerare l’attuale attività lavorativa come smart working? Non proprio. In questi giorni, infatti non abbiamo la possibilità di scegliere dove lavorare, ma, giustamente, siamo costretti a rimanere nelle nostre case fino a nuove disposizioni. Il lavoro che stiamo svolgendo in questi giorni viene comunemente chiamato in altro modo.

Home working o telelavoro: il lavoro ai tempi del Coronavirus

In questa quarantena da Coronavirus coloro che lavorano da casa e sono costretti a farlo si dice che attuano l’home working o, come diciamo in italiano, il telelavoro.

La prestazione lavorativa viene resa dal dipendente lontano dai locali aziendali e all’interno della propria abitazione. Questo non vuol dire che il dipendente goda delle libertà previste dallo smart working made in Italy, ma le medesime responsabilità e gli stessi compiti che doveva assolvere in ufficio, gli vengono trasferiti nella sua casa.

Al di là dell’assenza fisica del lavoratore in ufficio, nella gestione ordinaria aziendale nulla dovrà cambiare, così come l’attività operativa non dovrà risentire dell’assenza fisica del dipendente in telelavoro.

Di certo comprenderai, quindi, che in questa situazione di emergenza siamo tutti costretti al telelavoro e non allo smart working, visto che non possiamo lasciare le nostre abitazioni. Abbiamo semplicemente spostato la nostra postazione lavorativa dall’azienda a casa nostra!

I punti d’incontro tra queste due modalità di lavoro sono comunque indubbie: in entrambi i casi si lavora lontano dalla sede aziendale, nella maggior parte dei casi, anche lontano dai propri clienti e responsabili e per assolvere ai propri compiti ci si avvale di strumenti come i computer.

Grazie all'home working, l'Architetto Gabetta è sempre disponibile!

Nonostante smart working e home working si riferiscono a un lavoro eseguito lontano dalla sede aziendale, non sono la medesima cosa. In queste settimane caratterizzate dall’emergenza COVID-19 sono sempre di più le persone che parlano di smart working, credendo erroneamente che esso equivalga a un classico lavoro da casa.

In questo articolo l’Architetto a Monza Gabetta ha voluto affrontare e declinare queste due modalità di lavoro a distanza, con la speranza di chiarire un pochino le idee e approfondire un aspetto di vita moderna quanto mai attuale.

L’Architetto Gabetta e tutto il suo staff operano in regime di home working ormai da settimane, nel pieno rispetto delle direttive regionali. In attesa di tempi migliori e di quando potremo tutti tornare a una vita normale e frenetica, l’architetto rimane a disposizione dei suoi Clienti grazie al servizio del tele-architetto.

Le consulenze, i consigli e le progettazioni proseguono quindi a distanza. Il Coronavirus non deve porre un freno alla tua voglia di rinnovare casa!

Se desideri maggiori informazioni sui servizi offerti dallo Studio di Architettura a Monza Gabetta o se vuoi esporci una tua idea, contattaci oggi stesso. Il tele-architetto è sempre disponibile!

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